venerdì 26 settembre 2014

Acchiappa il galletto


Acchiappa il galletto”, questo è il nome di un gioco tanzaniano, spesso proposto durante le feste di paese. Al centro del campo sta una signora che tiene per le zampe un giovane gallo. Attorno una decina di concorrenti, rigorosamente selezionati come i più impacciati del villaggio. Uno troppo grosso, uno troppo in là con gli anni, una donna dai tacchi a spillo troppo elegante. Al fischio l'animale viene liberato e i partecipanti si sfidano ad acchiapparlo. Premio per il più veloce: il galletto stesso!

Gli uomini corrono, si lanciano sulla preda, scivolano, cadono si rialzano e si azzuffano tra di loro nell'impresa di catturare il povero gallo spaventato che corre e sfugge abilmente agli attacchi. Il pubblico è un boato, la gente incita tra le risate i partecipanti sudati. Lo spettacolo si protrae fino a quando il pollo, stanco per la corsa, viene acchiappato dal trionfante vincitore.

Ma non è stata un'impresa da poco. Galli e galline qua in Tanzania vivono in uno stato semi-selvatico. Sono galline agili e scattanti, dai muscoli duri e tesi come corde. Esse ruzzolano infatti tutto il giorno libere per i campi, cercandosi da sè il loro cibo qua e là con un'enorme agilità e velocità di riflessi. Non un recinto, non una ciotola per acqua e cibo. Se ne vanno a zonzo così, come se non appartenessero a nessuno. Il galletto impettito ed orgoglioso, con il suo seguito di gallinelle ammiratrici, che lo seguono incantate litigandosi per la sua attenzione. Le chiocce con la loro prole, preoccupate solo per il benessere dei piccoli e aggredendo feroci chiunque osi avvicinarvisi troppo.

Sembra quasi che chiacchirano mentre starnazzano cercando di becchettare un grosso insetto...
... "La rossa è sparita ieri... Puoi scommetterci che è andata a covare! S'è trovata un bel nido nella foresta e la rivedremo tra un mese con il suo seguito di pulcinozzi" ...
... "Non sai che noiosa la nuova arrivata... sì sì, quella brutta, senza piume sul collo... insomma, sta per deporre le uova... strilla a non finire perchè le vuole mischiare alle mie... che scansafatiche!" ...
... "Poveretta la nera... ha covato una dozzina di uova, ma se ne sono schiuse solo tre... due piccoli è già piovuto il falco in picchiata a portarseli via ed ora è restata con un pulcino solo... dovresti vedere che dolce però!"...

Sono sempre affamate, sempre pronte a tutto per guadagnarsi una bricciola d'avvanzo della sera prima. Persino si azzardano ad entrare nelle case per cercare una padella non ancora lavata e zampettare sul divano, svegliando con il loro coccodè la padrona sorpresa nel suo pisolino.

Poi al calar del sole galli, galline e pulcini fanno ritorno e si ritrovano tutti nel cortile chiedendo venga loro aperta la porta d'entrata, per lasciare che si accovaccinano tranquilli nel loro cantuccio. La padrona li conta alla lucina di una pila, un qualcuno lo vende, per altri aspetterà fino a Natale. Al buio appaiono assonnati e vulnerabili, senza energia per reclamare. Fino alla prima alba, quando di nuovo scorrazzeranno per i campi chiocciando e cantando, salutando il mattino.





venerdì 20 giugno 2014

Giornata del bambino africano


16 giugno
Giornata internazionale del bambino africano e
inaugurazione della BRIDGE PRESCHOOL 

Ogni 16 giugno da decine di anni a questa parte si celebra la giornata del bambino africano. L'evento vuole ricordare ciò che successe nel 1976 a Soweto, in Sud Africa, dove centinaia di bambini neri sfilarono per le strade per far valere il loro diritto all'educazione, protestando per la scandente qualità delle loro scuole. Il risultato fu tragico: durante la manifestazione più di cento bambini furono uccisi, a migliaia rimasero feriti. Dal 1991 l'evento è ricordato a livello internazione, e viene usato come opportunità per rivedere l'effettiva applicazione dei diritti dell'infanzia nel continente africano, e in particolare per rimettere in discussione le condizioni dell'istruzione.
Per l'occasione alla BRIDGE PRESCHOOL la giornata ha effettivamente visto i bambini come protagonisti. Lo scopo stato renderli consapevoli dei loro diritti, per mezzo di cacce al tesoro, concorsi di disegno per grandi e piccini, e postazioni di discussione. Il tutto è stato poi farcito con giochi e tornei sportivi. I bambini sono accorsi da ogni angolo di villaggio, felicissimi di avere una giornata interamente dedicata a loro. Abbracciati dal grande sole africano oggi ci hanno regalato sincero entusiasmo fatto di mille sorrisi.

mercoledì 18 giugno 2014

Brazil

Anche in Tanzania, come in altri milioni di paesi sparsi nel globo, in questi giorni c'è aria di coppa del mondo. Gli abitanti del villaggio sono elettrizzati, occupatissimi nella preparazione del grande evento calcistico che si svolgerà durante il prossimo mese. L'interesse è condiviso da molti, e ognuno mette a disposizione ciò che possiede, per riuscire nell'impresa di vedere le partite. C'è chi offre il televisore, chi ha con sè un'antenna parabolica, chi un vecchio generatore. Per tutto il giorno l'elettricista fai-da-tè locale unisce e taglia cavi, svita e aggiusta accessori di ogni genere. C'è odore di bruciato, lo stabilizzatore fa fumo, ma l'elettricista continua calmo il suo lavoro, cercando i ricambi in una radiolina sezionata per l'occasione.

Anche il montaggio dell'antenna richiede il suo tempo. Il disco viene girato e rigirato alla ricerca di un segnale, chiedendosi se davvero notizie della coppa del mondo passeranno anche dal piccolo villaggio tanzaniano. “Forse ci hanno dimenticati...” ipotizza qualcuno, dopo ore di tentativi.

E infine, miracolosamente, è tutto pronto. Scende la sera e poi il buio della notte africana. In mezzo al paese addormentato c'è un generatore che sbuffa e una lampadina ad illuminare l'ingresso. Si spalanca la porta, e tutto il villaggio è là! Avvolti in teli colorati sono tutti riuniti nella saletta, ansiosi aspettano l'inizio dello spettacolo. Non mancano i bambini, che ad occhi spalancati si gustano deliziati ogni minuto della serata così fuori dalla norma. Non capiscono nulla ma guardano estasiati le immagini di un mondo diverso. Musica e balli, confusione che si muove sullo schermo. A volte scoppiano a ridere su un primo piano della faccia buffa di un calciatore troppo serio.
In un angolino c'é pure un gruppetto di signore anziane. Troppo curiose per starsene a casa si sono fatte contagiare dall'entusiasmo collettivo per un evento che anche su di loro ha saputo esercitare attrazione. Ora però, vergognose, si fanno piccole piccole come a volersi nascondere, e commentano sottovoce tra loro il vestito molto essenziale delle ballerine: “Certo che ho vissuto proprio a lungo... anche questa mi tocca vedere!”.

Il pubblico maschile riempie la sala con il suo vociare. Assieme ricordano i mondiali di calcio degli anni precedenti; cosa accadde alla tale squadra, al tal calciatore. Ognuno con le proprie verità, ognuno con le proprie nuove previsioni. Parlano di un corcorso della coca-cola con in paglio un biglietto per il Brasile. Qualcuno si chiede se i brasiliani sono bianchi o neri. C'è poi un tizio che ogni due minuti sfila davanti allo schermo per pubblicizzare la sua bancarella ambulante fatta di dentifrici, calze da uomo, e creme per tutti i gusti.

Finalmente il momento si avvicina, la partita sta per cominciare. Mancano solo dieci minuti!
Ed ecco che con un ultimo sbuffo il generatore si spegne. La luce della lampadina viene risucchiata dalla luna e si fa buio pesto. I balli si interrompono di colpo. Il Brasile è improvvisamente volato via, più lontano che mai, e sorpresa la gente si guarda intorno non capendo più dove si trova.

Poi una voce annuncia: “È finita la benzina. Chiediamo un vostro modesto contributo per abbeverare il nostro generatore, che come vedete non sa pazientare...”
Una mano passa a raccogliere i centesimi tra il pubblico, facendo tintinnare esplicitamente le monete con intenzione significativa. .Un ragazzo arriva dal buio con una tanica di benzina piena fino all'orlo.
Ed ecco, di nuovo il borbottare del generatore, di nuovo la musica, di nuovo la festa!
“Presto presto, giusto in tempo per l'inno!”. E siamo di nuovo in Brasile.

martedì 3 giugno 2014

Formichine

 Una delle prime cose che salta all'occhio a qualsiasi viaggiatore in Tanzania è l'enorme quantità di bambini. Infatti la piramide delle età di questo paese presenta la caratteristica forma dalla base larga con un rapido assottigliamento verso la cima, dove il cinquanta percento della popolazione non ha ancora raggiunto l'età adolescenziale. Ed è proprio questo ciò che forse più ci impressiona dell'Africa: quelle tante batuffolose testoline nere, che guardano meravigliati i turisti in visita come fossero davanti a un programma televisivo. Quei piccoli un po'seriosi e timidi, con i pantaloni scoloriti, la camicia mai della misura giusta, e il brillante sorriso sempre pronto. Hanno in mano un bastoncino con il quale guidano un cerchio di ferro, che sanno rincorrere per ore. Una macchinetta come una scatola di latta, con quattro ruote di tappi di bottiglia colorati. Amano le caramelle, le penne a sfera, la musica locale, e c'è in loro quella invidiabile capacità di stupirsi che caratterizza ugualmente i bambini di tutto il mondo. Ci emoziona seguire i loro piedini nudi correre sulla strada sterrata.



Eppure non è tutto qui. La loro infantile ingenuità è unita a una precoce profondo senso di maturità e di indipendenza. Grandi lavoratori, sono proprio i bambini ad essere le formichine operose della società. Si muovono silenziosi, senza avvanzare proteste, e del loro gran da fare nemmeno ci si accorge. Le faccende domestiche sono tante, e a chi ha braccia per aiutare non è permesso tirarsi indietro. A sei anni questi ragazzini sanno già badare ai fratelli più piccoli, e camminare con loro qualche chilometro con venti litri d'acqua in bilico sulla testa. Basti pensare a Lucy, che dalla prima elementare vive sola con la vecchia nonna. È lei che alle quattro, finita la scuola, va a raccoglier legna per cucinare, e acceso il fuoco prepara il pranzo. È sempre lei che ogni giorno lava a mano la sua uniforme. pulisce la casa, va a prendere l'acqua, cerca in giardino insalata e fagioli per la cena della sera.  E se si ammala va lei stessa nel bosco alla ricerca di certe erbe medicinali che fa bollire per berne poi il succo.


E a scuola la situazione non è molto diversa che a casa. Nelle scuole tanzaniane non sono solo le nozioni di aritmetica ed inglese a venir trasmesse. Le elementari sono una vera e propria scuola di vita, dove agli allievi viene insegnata la massima disciplina, nonchè l'igiene personale e la cura dell'ambiente circostante. È infatti raro vedere un bambino con l'uniforme sporca, con le unghie lunghe, o con i capelli arruffati. E nonostante la povertà dei mezzi, le finestre rotte e buchi nel pavimento, il vialetto delle scuole è sempre ben spazzato senza ombra di foglie secche o cartacce. Non esiste il bidello. Sono gli allievi stessi a pulire il cortile e le loro classi, ogni mattina prima del suono della campanella. Durante la stagione delle piogge poi, i bambini si portano la zappa da casa, e le lezioni si fanno nei campi. Con i maestri come supervisori, sono ancora gli allievi ad arare i terreni della scuola, che in quanto vista come comunità, ha bisogno del contributo di tutti per rendersi sostenibile.

Ma i compiti di queste piccole testoline nere non finiscono qui. Essi infatti devono continuamente ingegnarsi su come raccogliere spiccioli per quaderni e matite. La spesa è troppo impegnativa per una famiglia numerosa, ed è quindi richiesto ai bambini stessi di prendere l'iniziativa. C'è chi dopo scuola si occupa di vendere canne da zucchero, chi aiuta a trasportare qualche mattone in un cantiere, chi vende pomodori di casa in casa o ancora chi si offre di zappare per pochi soldi al metro quadrato. Lucy ha addirittura un mini-pollaio con galline praticamente selvatiche, che quando abbastanza grasse vende per comprarsi le scarpe nuove. Quando contratta il prezzo dei suoi polli ha un'espressione seria seria, ma datele un palloncino, e vedrete la sua serietà scoppiare come una bolla di sapone. Raccontatele una fiaba, e la vedrete addormentarsi dolcemente tra le vostre braccia.




giovedì 24 aprile 2014

La Bridge Preschool

Ecco che finalmente, passo dopo passo, il nostro progettone di costruzione di un asilo per i bambini del villaggio di Lugalo fa progressi!

Date un'occhiata al blog della Bridge Preschool




E... KARIBUNI! Vi aspettiamo!!!

venerdì 18 aprile 2014

Moto-taxi




In un paese dove il tasso di disoccupazione raggiunge quote vertiginose, l'intraprendenza è la regola per riuscire raccogliere il gruzzoletto quotidiano. Stiamo parlando della Tanzania, e dei suoi milioni di giovani senza lavoro e senza istruzione, alla ricerca di un modo per guadagnarsi da vivere. Chi è stato ultimamente in questo paese si sarà forse domandato cosa fanno quei tanti ragazzi ai bordi delle strade, seduti tutto il giorno sulla loro moto. Ebbene, loro sono i moto-taxi. Veloci, efficienti, ti portano ovunque, in qualsiasi località dimenticata dalla rete di trasporti pubblici tanzaniana. Molto più economici di un normale taxi, e meno stancanti di una passeggiata di qualche chilometro, i moto-taxi sono estremamente apprezzati dalla popolazione locale. L'utilità dei moto-taxi rimane indiscussa anche per quanto riguarda gli spostamenti attraverso le grandi città. Essi infatti offrono un metodo unico per muoversi tra i massivi ingorghi stradali, altrimenti impenetrabili.

È la Cina a rendere possibile questa motorizzazione di massa, vendendo i veicoli a prezzi accessibili pure ai giovani tanzaniani. Le moto vengono in seguito personalizzate con accessori dai colori sgargianti o scritte orgogliose come “the king of the road – il re della strada”. I bambini scimmiottano il babbo, infilandosi in una scatola e rombando il suono del motore. In effetti, i moto-taxi sono l'ultima moda. Tra i giovani c'è chi fa carriera, fino a permettersi di comprare due, tre fino a cinque moto; e poi venderle tutte per pagarsi l'automobile. Sembrerebbe un occupazione interessante e pacifica.

Bisogna però aggiungere che tra i moto-taxisti molti sono particolarmente spericolati; sia questo perchè troppo giovani, perchè poco controllati o ancora per il peso finanziario di fare le cose in regola. Pochi hanno davvero una licenza di condurre, e ancora meno hanno registrato il veicolo e pagano la dovuta quota assicurativa. Una buona manutenzione poi è l'eccezione, e spesso le moto vengono riparate con spago e cerotti; soluzioni parziali, che peraltro a lungo andare aggravano il danno. Le luci rotte sono raramente sostituite, e le camere d'aria ancora resistono malgrado siano decorate con una ventina di toppe. L'olio non viene cambiato fino a quando la moto muore a scossoni. Per non parlare dei sovracarichi di passeggeri e merci che i veicoli sono costretti a subire. Sul moto-taxi si monta anche in quattro al prezzo di uno, in uno stile chiamato “a spiedino”. Basta tenersi forte, per non perdere qualcuno per strada. Pure cemento, mobili e animali, vengono trasportati in questo modo fino a destinazione, con la ruota anteriore leggermente sollevata se il peso diventa eccessivo. Qualche volta ci si impenna, ma la cosa non è preferibile, e spesso si viaggia cercando esattamente l'equilibrio limite. 

Pericolosissimi. Gli incidenti sono l'ordine del giorno. Illegalissimi. A volte arrivano in visita i poliziotti. Spesso e volentieri a fine mese, quando il salario finisce prima del previsto. I moto-taxisti si dileguano. Esperti si intrufolano tra i vicoli, e nascondono le moto nelle cucine delle case. Alcuni, meno fortunati, vengono fermati. La moto viene ritirata, e portata alla centrale. Rimane lì, fino al versamento di una multa salata. E una volta pagato si rientra in scena, il catalizzatore distrutto per ripartire in un boato e continuare a guadagnarsi il pane come si può.

mercoledì 12 marzo 2014

Succo di bambù

Ad ogni tribù il suo vino.


È risaputo che l'essere umano ha la grande capacità di trovare il modo di produrre bevande alcoliche da ciò che la terra gli regala, qualsiasi prodotto esso sia. Quando racconto ai tanzaniani che mio nonno produce una bevanda alcolica dall'uva, il nostro benamato Merlot, non capiscono come sia possibile. Per non parlare della grappa di mele, che sembra loro una pazzia. In Micronesia la bevanda dei grotti è l'alcol di palma. Qua in Tanzania invece il vino si fa con le banane. O con la manioca. O più classicamente con il mais. O ancora addirittura con cioè che rimane delle rosicchiate pannocchie, si può ricavare una bevanda chiamata kangara. Le donne fanno bollire i tutoli sul fuoco in grandi calderoni simili a quelli che usavano le nostre nonne per fare il bucato, fino ad ottenere una bevanda densa e torbida il cui profumo ricorda quello di una strana polenta al marsala. Ma in particolare, nei villaggi rurali della Tanzania con marzo è cominciato il periodo di maturazione del succo alcolico del bambù.

Dolce come uno champagne liscio, quasi trasparente, leggero e fresco come un sorbetto. Favorito da tutti: donne, uomini, e persino dai bambini che lo sorseggiano di nascosto. Dopo e durante i duri lavori nei campi ci si siede all'ombra delle canne di bambù su una panchina fatta di canne di bambù, con un recipiente da litro in plastica colorata che gira di mano in mano. Come in riunione. Se giorno di festa lo si mischia a un goccio di gazzosa.


Non serve nessun processo di preparazione: basta tagliare la canna a metà e filtrarne il liquido, che ne esce già pronto per essere servito. Una volta estratto bisogna berlo entro la fine della giornata. Più si aspetta più aumenta il percento alcolico, fino a diventare tossico. I bambù crescono ovunque, e chi ha uno spiazzo di terra si ritrova automaticamente a possederne il succo. I contadini tagliano le proprie canne, ne ricavano la gradita bevanda che vendono poi per trenta centesimi al litro, guadagnandosi così qualche spicciolo. Parte del succo viene pure trasportato dai campi alle piccole cittadine da giovani ragazzi in bicicletta. Questi caricano cinque o sei taniche da venti litri di prodotto, e pedalano così appesantiti per decine di chilometri ai bordi delle carrozzate, tra i colpi di clacson dei cammionisti.

Un alcol senza prezzo, buono e presente in abbondanza, diventa tema di discussione persino per il governo tanzaniano. I politici hanno già indetto infiniti raduni ed assemblee; sostengono che il succo di bambù sia la causa principale dell'alta percentuale di malati di aids della regione, al primo posto nelle statistiche. Il parlamento, in un tentativo di riduzione del consumo, ha votato al controllo degli orari d'apertura dei bar delle cittadine, che ora devono limitare le vendite al primo pomeriggio.

Ma l'alcol è prodotto localmente, e si consuma perlopiù nei campi o nelle case dei contadini stessi, che riceve i clienti direttamente nel proprio salotto. Nessuna necessità di insegne; tutti sanno dove si può sempre bere un litro di succo o in buona compagnia. Seduti su vecchi divani malconci, dai i cuscini consumati tanto da lasciar scorgere le assi di legno, la gente chiacchiera e si aggiorna sugli avvenimenti della giornata. È come ascoltare il notiziario: coloro che visitano il salotto, dopo parecchie buone sorsate di succo, parlano in scioltezza a ruota libera. La padrona di casa è quindi lei stessa una sorta di gazzetta popolare, ricca di succulenti pettegolezzi, a conoscenza di tutti i più recenti intrighi del villaggio. D'amore, di mais, di pestaggi, di incidenti stradali. Tra le buone e le cattive notizie il clima rimane allegro e il salotto si fa sempre più affollato. Un giovane dalla camicia sfilacciata con una berretta rossa con scritto in fronte “OBAMA” solleva il suo litro e lo studia attentamente. Pensieroso osserva: “Sono sicuro che se Gesù fosse nato in Tanzania, all'ultima cena avrebbe alzato il suo litro di succo di bambù... E questo è ciò che avremmo sentito ogni domenica!”.

martedì 18 febbraio 2014

Addio



Cara grande mama, ti ricordiamo così, con la tua corpulenta presenza, con la tua voce forte, con i tuoi modi decisi da capo famiglia. Ci tenevi tutti sotto le tue ali da chioccia, beccavi imbestialita ogni minaccia alla tua casa. Eravamo tutti così piccoli al tuo fianco. Una mandria di ragazzini tremanti, che distruggevi con una tua parola di critica, e facevi poi scoppiare d'orgoglio con un solo gesto di approvazione.

E siamo noi alla fine ad averti sollevato; leggera come una piuma. Gli occhi chiusi, una bambina tanto stanca. Abbiamo cantato, ti abbiamo cullato. Dormivi, sottile come un fiore. Ho visto tua nonna con lo sguardo perso. È lei a restare. Salutò tua mamma, ed ora saluta te.
Sei già quasi trasparente, e ti lasciamo volare via.

Cara mama mkubwa, chi ti ha consumato con tanta verocità? Cos'è questo mostro che ha succhiato in pochi giorni la tua infinita energia? Piangiamo forte, convulsamente. E tra le lacrime io vedo il tuo sorriso colorato e le tue braccia aperte in un abbraccio: “Wifi! I missed you so much!”.